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Jacopa

Ammettiamolo, quanti di noi sono stati a cena nel ristorante o a bere un cocktail sulla terrazza di un hotel in Italia? Un hotel in cui non state dormendo, ovviamente. Scommetto molto pochi di voi. Anche a me non è capitato molto spesso. 

E invece ultimamente il panorama della ristorazione romana sta cercando di riportare i clienti negli hotel, con ristoranti e cocktail bar che si aprono sempre di più alla città e che permettono di vivere degli spazi come le hall e le magnifiche terrazze.
In questo contesto si inserisce Jacopa, il nuovo ristorante dell’hotel San Francesco, a pochi passi da San Francesco a Ripa, Trastevere.
24 camere, una terrazza panoramica, con vista su una parte inedita dei tetti di Roma, dove si può prendere un aperitivo o bere qualcosa dopo cena, un bancone nella hall e il piccolo ristorante, con grandi finestre ad arco che danno la sensazione che la sala continui anche nel giardino accanto (non dell’hotel purtroppo).

In cucina ci sono Jacopo Ricci e Piero Drago, ex della cucina del Pagliaccio (2 stelle Michelin) che propongono un menu molto diverso da quello che ci si aspetta da un ristorante di hotel: ristretto, dagli ingredienti insoliti e veramente coraggioso.

Come entrèe al tavolo sono arrivate delle ferratelle ai ceci e hummus, del pan brioche fatto in casa con fegato di maiale, nespole e albicocca e delle cosce di rana fritte: una bella dichiarazione per aprire un menu degustazione, non trovate?

Subito dopo arriva il pane, con l’olio monocultivar Moraiolo dall’Umbria, creato appositamente per il ristorante. Una soddisfazione sia per chi fa il nerd dell’olio che per chi è goloso di lievitati (Io, in entrambi i casi).

Il primo antipasto è uovo e gamberi: una frittatina stile giapponese con all’interno un crudo di gamberi e la loro bisque servita a parte, un piatto che da l’avvio al menu degustazione con tenerezza.

Il secondo antipasto invece è trippa e calamari: calamaro alla piastra, trippa, fungo orecchio di giuda e fondo preparato con il brodo della trippa e gli scarti del calamaro. IL PIATTO. Quello che quando lo vedi arrivare pensi “Ma cosa..?!”.
Bilanciato, con un tocco di croccantezza e uno di tenacia, in un mix in cui gli ingredienti hanno consistenze che non ti aspetti.

Il primo primo ad arrivare a tavola è stato fregula, burro, anguilla e finocchio selvatico: anche questo voluttuoso, grazie al burro che da una sfumatura calda a tutto, con un’intensa nota tra il finocchio selvativo e il pesce che accompagna la fregula, che difficilmente si trova nei ristoranti non sardi.

Il secondo primo invece è una prima volta per me: ravioli, lumache, lattuga e parmigiano. La mia prima volta con le lumache è stata fresca, erbacea, in grado di non lasciare in bocca il sapore che mi sarei aspettata dalle lumache. Un piatto riuscito, ma che un po’, devo dire, spaventa.

Infine, un’altra pasta ripiena, piccolo omaggio dello chef:tortelli, maiale e peperoni, dove il maiale è utilizzato completamente, dall’interno dei ravioli alle orecchie croccanti disposte sopra. Echi alla cucina tradizionale dimenticati, che tornano con forza in un piatto che mangerei altre mille volte.

E poi si arriva al piatto forte, il motivo per cui ho dichiarato amore eterno a Jacopa: anatra arrosto dalla testa ai piedi. Capisco che non tutti possono essere amanti dell’anatra, ma se andrete a cena qui vi conviene provarla. Sul tavolo arrivano piattini con dentro l’anatra davvero in ogni sua parte, uno ha dentro la testa divisa in due parti, uno ha dentro il collo non disossato e la coscia sminuzzata all’interno di un involtino di bieta, uno ha dentro il petto con le ciliegie, uno, quello a forma di zampa, ha dentro il cuore e il fegato, l’ultimo ha dentro una zampa, da mangiare con le mani.
Un piatto che è un’esperienza, che invita a provare cose nuove, che rimanda ad atmosfere orientali (in Cina l’anatra è un piatto comunissimo) e che ha dentro tutto il concetto di cucina dei due chef.

Tra il secondo e il dessert arriva un predessert di formaggio erborinato, un eco anche qui alla tradizione del carrello dei formaggi dei migliori ristoranti anni ’80. Una cosa di cui ho solo sentito parlare ma dove mi tufferei volentieri, come dentro a questo piattino.

Infine, il dessert gioca molto sull’accostamento dolce-salato: rapa rossa, rabarbaro e latte di pecora, per non farsi guardare dietro e finire la cena con quel tocco di follia. 

Ovviamente il menu comprende altri piatti, che sono curiosissima di provare e farvi conoscere in un prossimo futuro, ma io vi consiglio, se andrete, di scegliere il menu degustazione (da 5 portate) al costo di 50 €: in questo modo assaggerete non solo dei piatti, ma la filosofia completa dei due giovani chef, che saprà stupirvi.

P.S. Un plus è anche la carta di vini naturali da poter abbinare al menu: 5 portate + 3 calici 75€ – 5 portate + 5 calici 85 €.

Jacopa
Via Jacopa da Settesoli 7
€€
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2020-01-11T18:49:25+01:00

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